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Erezione dopo prostatectomia radicale

erezione dopo prostatectomia radicale La prostatectomia radicale consiste nella rimozione totale della prostata, un organo essenziale per la produzione del liquido seminale e soprattutto per la gestione dell’erezione.

Questa operazione incide quindi in maniera significativa sul fenomeno dell’erezione, e richiede tempi piuttosto lunghi per il ripristino della totale funzionalità, non sempre garantita, ma comunque frequente se si segue la procedura corretta.

In questo articolo vedremo nel dettaglio perché una prostatectomia radicale è così invasiva da richiedere fino a 12 mesi di riabilitazione prima di tornare ad avere risultati soddisfacenti dal punto di vista dell’erezione.

Vedi anche prostata ed erezione.

Recupero dell’erezione post prostatectomia radicale

La prostatectomia radicale prevede la totale eliminazione della prostata e comporta un possibile danneggiamento del tessuto nervoso che si trova nella zona. Il problema, soprattutto nei soggetti in età più avanzata, che sono quelli statisticamente più colpiti da problemi alla prostata che richiedono un intervento, è che tali tessuti si rigenerano con una velocità molto bassa, richiedendo diversi mesi per essere ripristinati del tutto.

Tutto l’apparato nervoso e capillare che occupa la zona, infatti, è collegato ai vasi sanguigni che vengono sollecitati durante l’operazione, e c’è la possibilità di perdere un quantitativo di sangue eccessivo, danneggiando proprio i nervi che provocano l’erezione. L’approccio che attualmente viene utilizzato per scongiurare questo fenomeno è chiamato nervesparing, che evita l’impiego del bisturi elettrico, e che preserva il più possibile l’apparato nervoso.

È fondamentale consultare un esperto specializzato in questo campo, che abbia conoscenze avanzate e abilità per identificare il miglior approccio per il paziente. Inoltre, la gravità del danno ai nervi e ai vasi sanguigni dipende dal tipo di tumore della prostata diagnosticato, il che spiega la decisione di rimuovere completamente la prostata negli uomini. In casi di tumori particolarmente aggressivi, potrebbe essere richiesto un intervento più invasivo, con maggiori rischi per i nervi e possibili complicazioni di disfunzione erettile.

Quindi, se per un pieno recupero dell’erezione in parte incide la bravura del chirurgo e in parte la natura dell’operazione, in media si deve considerare un lasso di 12 mesi, che si può abbassare a 6 mesi nel caso di soggetti giovani e molto reattivi, o allungare fino a 24 mesi nei casi più complessi. Il medico può consigliare di tentare un primo approccio già dopo 4 settimane, senza però preoccuparsi eccessivamente se l’erezione non è completa, duratura o soddisfacente.

Se dopo un anno ancora la situazione non è migliorata, allora è possibile ricorrere ad analisi specialistiche e a una serie di espedienti per favorire la rimarginazione dei tessuti danneggiati. Tuttavia, durante il percorso di recupero, è prevista anche una terapia a base di farmaci vasodilatatori intracavernosi con PGE1, seguita dopo alcuni mesi dall’impiego di farmaci per l’erezione come Viagra e Cialis.

Vedi anche durata dell’erezione.

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